Era il lontano 1995 quando la celebre azienda nipponica Konami decise di aprirsi a nuove sfide invadendo nuove aree e settori di un mercato, quello videoludico, in forte ascesa economica e tecnologica: è l’11 novembre del 1994 ed in Giappone (in Europa e USA primi mesi del ’95) viene rilasciato per la prima volta ISS “International Superstar Soccer. Il nome potrebbe fuorviare, ma non fatevi confondere: sarebbe stato proprio ISS, col tempo, ad “evolversi” in PES: “Pro Evolution Soccer”, l’unico brand in grado di contendere lo scettro di “Game of the Year” con l’altro colosso della simulazione sportiva per eccellenza: EA Sports FIFA.
Da quello storico giorno di Novembre sono passati vent’anni, due decadi, 7300 giorni e qualche spicciolo. Molto è cambiato: EA Sports è stata costretta a cedere quote di mercato a Konami ed oggi i due colossi si spartiscono quasi alla pari il mondo del pallone virtuale con buona pace di tutti. PES vs. Fifa, Fifa vs. PES: quella storica rivalità, quel dualismo aperto inizialmente anche ad altri brand emergenti divenne col tempo un’oligarchia assoluta, fatta dalla continua, spasmodica (e a tratti folle) ricerca della ricetta della “Simulazione sportiva perfetta”.
Per raggiungere questo obiettivo entrambi i brand hanno messo in campo risorse e tecnologie sempre più avanzate e complesse: per sopraffare l’avversario e imporsi sul mercato, gli obiettivi da centrare erano sempre gli stessi: modellare al meglio il comparto grafico e migliorare la fluidità di manovra. Ben presto però grafica e tattica non furono più sufficienti, e si dovette evolvere anche il modo di concepire il mondo del calcio videoludico. La sfida, dunque, passò dal campo di gioco virtuale a quello più reale e pragmatico delle carte bollate e dei tribunali: bisognava di accaparrarsi licenze, diritti d’immagine e marchi esclusivi, al fine di dare ancora più credibilità alla simulazione.
Che la sfida abbia fatto bene ad entrambi i titoli è inutile dirlo. Solo grazie alle innovazioni e piccole intuizioni provenienti in parte da FIFA in parte da PES possiamo oggi godere di due prodotti dalla pregievole fattura e dalla qualità indiscutibile. Ma qual è il migliore? Difficile dirlo: il livello qualitativo e l’accuratezza nei dettagli raggiunta da entrambi è tale che la percezione dell’esperienza di gioco risulti assolutamente soggettiva, e molto, quasi tutto, dipende delle emozioni e dalle impressioni che ognuno di noi prova giocandoci. Come sempre sono i dettagli a fare la differenza tra un trionfo e una disfatta, ed è proprio dall’analisi di questi dettagli che tenteremo di capire se questa nuova versione di PES, quella del ventesimo anniversario, sarà un trionfo o una disfatta.
PES 2016 segna l’inizio di un nuovo ciclo aperto da Konami con l’approdo sulle console Next-Gen; la passata edizione, la versione del 2015, sebbene già presente su Xbox One e Playstation 4 ha rappresentato una fase intermedia, una prova generale, un’iniziazione ad un nuovo modo di concepire e simulare calcio, che si spera, in questa nuova versione, possa raggiungere il suo massimo potenziale.
Nel ventennale dalla sua nascita PES aveva l’obbligo di ridar lustro ad una serie prestigiosa ma che negli ultimi anni, soprattutto in riferimento alle console Old-Gen, aveva visto le sue caratteristiche stelle (marchio inconfondibile del brand) offuscarsi a tal punto da essere oscurate dalla ritrovata brillantezza di Fifa, che anche grazie a nuove ed avanzate meccaniche di gioco era riuscita a ridurre l’importante gap che tra il 2006 e 2012 si era frapposto tra i due titoli.
Un ritorno al passato. Si potrebbero sintetizzare così le scelte stilitiche del team Konami: un ritorno a quel passato glorioso che grazie a dinamiche di gioco elementari ma efficaci, e stategie semplici ed intuitive, aveva raccolto ampi consensi e catturato i cuori di migliaia di appassionati in ogni angolo del globo. Il troppo tatticismo delle passate versioni aveva trasformato un’avvincente gara di calcio in una noiosa partita a scacchi. Il ritorno alla semplicità del passato servirà a riportare entusiasmo attorno ad un titolo che negli ultimi anni è stato atteso con grande trepidazione ma ha regalato decisamente poche emozioni.
Come ricordato all’inizio sono i dettagli a decretare il successo o la caduta di un nuovo progetto, ed in questa nuova versione di PES i dettagli da analizzare sono davvero tanti, fluidità di manovra in prims. Rispetto alle passate versioni, il controllo, la circolazione ed il possesso palla (in una parola: il palleggio) risultano molto più naturali e realistiche, quasi come se le identità proprie dei Club (si pensi al tiki-taka di Barça o Bayern Monaco, al catenaccio del Chelsea o al gioco offensivo di Roma e Juve) siano state copiate e ricostruite in versione digitale. Solo un lontano ricordo, quindi, di quel fastidioso e snervante “effetto patata bollente” nell’impostazione dell’azione.
Rispetto alle precedenti versioni sono state introdotte nuove animazioni (triplicate nel numero) che rendono l’esperienza su PES molto più piacevole e verosimile rispetto al passato, sia per chi gioca ma anche per chi guarda: la vera novità sta però nell’introduzione di un migliorato sistema di collisione che rende i contrasti più reali. La fisicità e la forza dei giocatori viene messa in risalto e a tratti diviene anche efficace, forse troppo (soprattutto quando bisogna mettere a freno le scorribande degli alieni Messi e Ronaldo). In questo caso, però, sono costretto ad assegnare un cartellino giallo agli sviluppatori, in quanto i contrasti sono sì reali, ma troppo chirurgici: entrando in tackle sull’avversario la percentuale di prendere il pallone e non la gamba è del 90% in ogni tentativo! Un po’ troppo semplice levare palla così. Se poi a questo aggingiamo un’eccessiva permissività e tolleranza del direttore di gara potremmo ritrovarci in un batter d’occhio a disputare la nostra prima gara di rugby, altro che calcio (non parliamo poi della versione online, dove l’agonismo è portato all’esasperazione ed ogni azione rischia di essere interrotta da un placcaggio)!
Se le animazioni sono state migliorate, cosa dire delle esultanze? I giocatori avranno ora pieno controllo anche sui festeggiamenti. Subito dopo la rete sarà infatti possibile selezionare l’esultanza preferita del marcatore. Inevitabile dunque per chi userà Francesco Totti scegliere il famoso “Selfie“ sotto la curva per celebrare un gol.
Altra novità assoluta, e a più riprese sponsorizzata durante la compagna pubblicitaria, riguarda le condizioni atmosferiche: il meteo è infatti dinamico, e basterà inserire l’opzione “casuale” nelle impostazioni di gioco per assistere a partita in corso ad un forte acquazzone o una nevicata improvvisa, elementi da non sottovalutare visto che alla mutevolezza del tempo corrisponde un’importante modifica della fisica del pallone oltre che del controllo degli stessi giocatori. Per farla breve sarà molto più difficile e imprevedibile giocare su un campo bagnato dalla pioggia o imbiancato dalla neve piuttosto che su un campo in perfette condizioni, proprio come accade nella realtà.
A proposito di campo di gioco, l’aspetto del manto erboso (uguale su tutti gli stadi dove andrete a giocare) lascia molto a desiderare. Il divario con Fifa in questo caso è abissale. La cura dei particolari è lasciata al caso e i famosi segni delle scivolate sono del tutto assenti, un vero peccato visto il livello qualitativo raggiunto.
Spostiamoci al comparto grafico, da sempre fiore all’occhiello del titolo, che anche in questa versione non delude le attese e le aspettative, anzi le supera; su Xbox One dove l’abbiamo testato PES 2016 ha girato su 1080p a 60 frame al secondo, un grosso balzo in avanti rispetto ai 720p della passata versione (sempre parlando di Xbox One). Inutile sottolineare l’accuratezza e l’attenzione ai dettagli nella fisionomia dei giocatori, compresi quelli minori, da sempre marchio di fabbrica della casa del Sol Levante.
Dalla passata stagione il ruolo di voci ufficiali nella versione italiana è stato affidato a Fabio Caressa e Luca Marchigiani, poco da dire sotto questo profilo, probabilmente sarebbe stato preferibile aggiungere qualche altra frase al ventaglio disponibile vista la frequente ripetitività di alcune esclamazioni.
Oltre alla sempreverde Master League, manageriale più che mai, torna Diventa un Mito, ovvero la possibilità di vestire i panni di un giocatore e portarlo dall’anonimato più assoluto al Pallone d’Oro. Presente anche la modalità MyClub, ispirata a Fifa Ultimate Team, che permette mediante un sistema simile alla Master League di creare una propria squadra e farla scontrare online contro quella di amici e sconosciuti.
Un gioco notevole, quello confezionato da Konami, ma che sebbene profondamente innovato e migliorato sotto l’aspetto del gameplay e dell’IA, ripresenta paradossalmente alcune problematiche tipiche del passato: se bisogna mettersi l’anima in pace per quanto concerne l’annoso nodo licenze che mette PES nell’impossibilità di riprodurre marchi, nomi e divise di innumerevoli club di prima fascia in virtù degli accordi multimilionari e super esclusivi stipulati da Fifa (ci sono però UEFA Champions ed Europa League in esclusiva fino al 2018), quello che lascia davvero di sasso sono le rose non aggiornate, un errore imperdonabile già riscontrato nelle precedenti edizioni ma a cui, evidentemente, non viene dato tanto peso in Giappone.
È dalla cura dei dettagli che si distingue il trionfo dalla disfatta, e per quanto l’assenza di una patch di aggiornamento rose possa pesare nella valutazione complessiva di PES 2016, visto che chi compra un gioco di calcio lo fa per giocare con i nuovi beniamini approdati al proprio club nella finestra di calciomercato, la valutazione dell’ultima fatica di casa Konami non può che essere positiva: “La chiesa è stata riportata al centro del villaggio” parafrasando un citazione molto cara agli appassionati della Serie A.
PES 2016, è un successo sì, ma sarebbe potuto essere un successo ancora più roboante se non fosse stato per alcune sviste eclatanti. Un peccato è vero, ma per fortuna c’è sempre tempo per migliorarsi.
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