Recensione Jojo's Bizarre Adventure: All Star Battle
Gli anni ’80, anni d’oro per le industrie dell’intrattenimento, dai film, alla musica, ai fumetti, ai videogiochi. Tra il successo dei film d’azione hollywoodiani di Schwarzenegger e Stallone, l’ultimo concerto dei Queen e l’uscita mondiale della console Nintendo Entertainment System, la rivista giapponese Shonen Jump, ancora oggi all’attivo dopo ben 46 anni, entrava nel suo periodo migliore: un vero boom di vendite che vedeva come protagonisti manga immortali come Hokuto no Ken o il sempreverde Dragon Ball. Una di queste opere di gran successo, da cui hanno ovviamente tratto vari media come anime, videogiochi e gadget vari, non è altro che Le Bizzarre Avventure di Jojo (Jojo no kimyō na bōken in Giappone), scritto e disegnato da Hirohiko Araki e ancora in corso con l’ottava serie, da noi disponibili grazie alla casa editrice Star Comics. Ed è proprio basandosi su tutte queste serie che CyberConnect2, già famosa e apprezzata per un’altra serie di videogiochi tratti da un manga, ovvero Naruto Ultimate Ninja, confeziona un nuovo picchiaduro in esclusiva per Playstation 3 che racchiude in sè, in un grandissimo “dream match”, i migliori momenti e i memorabili scontri del manga in questione con una fedeltà tale che solo la compagnia sviluppatrice potrebbe fare. Dopo quasi un anno dalla sua uscita nei negozi giapponesi, entriamo quindi nel bizzarro mondo di Araki-sensei con Jojo’s Bizarre Adventure: All Star Battle.
Combatti con stile!
La prima cosa che viene in mente ai fan o comunque a coloro che conoscono il manga o l’anime di Jojo è una parola: stile. Ed è questa la prima cosa che si nota nel gioco che stiamo andando a recensire: uno stile originale ricalcato perfettamente dagli sviluppatori che farà contenti i fan dell’opera. Ma i profani di quest’ultima possono stare tranquilli. Il titolo infatti, in confronto ad altri giochi made in CyberConnect2 come il già citato Naruto Ultimate Ninja Storm, si presenta come un picchiaduro vecchia scuola che, anche se caratterizzato dalla spettacolarità tipica degli autori, riprende diverse meccaniche di altri “big” del genere quali Street Fighter e King of Fighters, rilasciando così un prodotto che non accontenti solo i fan di cui si è parlato prima ma anche i giocatori di picchiaduro in generale. Ma entriamo meglio nei dettagli.
La componente grafica e tecnica è una delle prime cose che si notano e che colpiscono in pieno l’occhio del giocatore grazie ad un cel-shading di prim’ordine a cui ormai il team di sviluppo ci ha abituati, caratterizzato stavolta da un “effetto inchiostro” che si avvicina di più alla serie di picchiaduro Capcom di Street Fighter IV, soprattutto per quanto riguarda i modelli poligonali dei personaggi e gli effetti dati da certe mosse speciali, allontanandosi quindi dallo stile di Naruto Storm, sempre però molto vicino. I 30 FPS su cui gira il tutto, non proprio il massimo per un titolo del genere, non cambiano però la qualità delle animazioni, davvero fluide e ben realizzate, così come i modelli poligonali dei 41 personaggi giocabili (senza contare DLC) prima segnalati e non solo, oltre a degli effetti speciali di alto livello e a degli stage molto vari e ben disegnati, rendendo gli scontri una continua gioia per gli occhi di tutti, ma soprattutto per coloro che, in ogni singola mossa del gioco, noteranno una determinata vignetta o una determinata pagina del manga, vista anche la grande precisione e il grande lavoro fatto da CC2 nella trasposizione di esse e nei suoi dettagli, anche i più piccoli.
Anche lo stile del menu si presenta bene a primo impatto e, tra vari tutorial e suggerimenti dati da personaggi cameo tratti dalle varie otto serie di Jojo, viene presentato il tutto in modo molto semplice, accessibile e, allo stesso tempo, “familiare”, così come le modalità. Soffermandoci su quest’ultime però si può notare una certa “dimenticanza”: esse infatti si fermano a 4 vere e sole modalità di gioco, tralasciando l’Allenamento, ovvero Storia, Campagna, Versus (ovviamente online e offline) e la modalità Arcade, esclusiva della nostra edizione occidentale, senza modalità o feature ormai tipiche del genere, come le sfide. Non che ci sia poco da giocare, ovvio, ma in tutto questo possiamo notare un pro e un contro, rispettivamente la Campagna e la Storia. Per quanto riguarda la storia infatti, essendo Jojo All Star Battle un “dream match” (come già accennato all’inizio) tra i soli personaggi principali delle serie, risulta molto sottotono vista l’assenza di molti nemici, e non solo, apparsi nel manga e quindi dei conseguenti tagli, quasi totali, della maggior parte degli avvenimenti della trama, raccontata con semplici frasi che anticipano a grandi righe i combattimenti più importanti, un fattore che si può notare soprattutto con le ultime serie, come ad esempio la quinta, Vento Aureo, in cui vi sono solo un paio di personaggi tra i “buoni” e il “cattivo” principale, cosa che rende la trama di quest’ultimo raggruppata in 3 semplici episodi/scontri che saltano più dei tre quarti della serie. Ricordiamo però che questo non toglie il fatto che il roster, seppur con molte mancanze di grande impatto, è comunque molto ampio e vario, ma su questo ci torneremo tra poco. Ora trattiamo infatti della Campagna, una modalità online letteralmente infinita che, insieme agli ovvi scontri online classificati, può tenere il giocatore attaccato alla propria TV per un periodo indeterminato di tempo grazie a dei pacchetti DLC gratuiti che, ogni tot di tempo, sbloccano sempre nuove campagne basate su un sistema di gioco “simil-free-to-play” in cui il giocatore, usando dei punti ricaricabili ogni due minuti, dovrà combattere e sconfiggere diversi personaggi chiamati “avatar” e arrivare a sconfiggere i “boss”, magari con l’aiuto di altre comparse e delle loro abilità sfruttabili utilizzando (talvolta) i punti a disposizione, che dopo varie battaglie rilasceranno bonus quali costumi, medaglie, provocazioni e molto altro, senza contare la classifica online, separata da quella del Versus, un motivo in più per il giocatore a migliorarsi continuamente.
Old School Style
Vi abbiamo già fatto partecipi dello stile di gioco ad inizio recensione, ovvero del tipo di picchiaduro presentato da CyberConnect2, che si distanzia un po’ dai “canoni” datoci dagli sviluppatori stessi nel corso di questi ultimi anni e che si avvicina molto invece ai tipici picchiaduro 2D, ad esempio un King of Fighters, ma non è per niente svanita la dinamicità e la spettacolarità degli scontri, marchi di fabbrica degli autori e del brand stesso, regalandoci un mix che ricorda molto da vicino il “Jojo’s Bizarre Adventure” di Capcom uscito nel lontano 1998, seppur con molte aggiunte e modifiche.
Il gameplay infatti riprende una sempreverde struttura di combattimento a incontri 2D simile al primo gioco made in Capcom, situati però su mappe 3D e quindi lateralmente percorribili con l’utilizzo del tasto delle schivate, ovvero X, che si unisce a quadrato, triangolo, cerchio e R1, rispettivamente colpo debole, medio, forte e “di stile”, per un sistema di comandi a 4 tasti davvero semplice da gestire e accessibile a tutti, grazie anche ad un veloce e agibile sistema di concatenamento di combo e mosse speciali, attuabili con le onnipresenti mezzelune, quarti di luna e la solita compagnia dei movimenti direzionali, contando anche il doppio tasto per le “special” (o HHA, Heart Heat Attack, in questo caso) e il triplo tasto per le “finali” (GHA, Great Heat Attack), a meno che non siate davvero negati in tutto e per tutto nei picchiaduro del genere. Per questi ultimi infatti il gioco è provvisto anche di un sistema di “auto-combo”, l’Easy Beat, già provato in altri titoli quali Blazblue e Persona 4 Arena, in cui il giocatore, con il solo uso del tasto quadrato, può eseguire una potente combo predefinita. Per quanto riguarda coloro che si cibano di pane e picchiaduro invece vediamo diverse meccaniche, tratte un po’ da altri capostipiti del genere, che rendono il tutto molto più vario e di alto livello. Abbiamo infatti il “cancel”, qui chiamati Flash Cancels, con il quale, sprecando la solita “barra della super” (qui Heart Heat Gauge, che si può ottenere per un massimo di 3 barre) si può cancellare una determinata mossa o combo in modo da concatenare subito, e in un modo prima impossibile da eseguire, ulteriori mosse e combo; abbiamo le Stylish Evades, speciali movimenti che permettono al personaggio di schivare, e quindi contrattaccare, con una sua posa tipica di stile gli attacchi avversari al giusto tempismo in una meccanica molto simile ai Parry di Street Fighter III o ai Just Defend di Garou: Mark of the Wolves; vi sono la Rumble Mode e la Resolve Mode, modalità “berserk” che si avvicinano a quelle già viste in giochi come Tekken 6, che potenziano temporaneamente i personaggi in pericolo e con poca vita. A tutto questo aggiungiamo altre feature come il Guard Crush, la “rottura della guardia” possibile dopo vari colpi subiti in parata, i pericoli nelle arene, attivabili se i lottatori cadono in determinate parti dell’ambiente, i “Finali Drammatici”, momenti di fine scontro che riprendono una determinata scena della serie di cui fa parte l’arena, e gli attacchi Rush, scontri di due determinati attacchi da vincere con la ripetuta pressione del tasto quadrato, e avremo un picchiaduro che riprende, sì, molte delle perle passate prima citate, ma in una nuova e originale veste data grazie ad un “minestrone ben cucinato”, ad un insieme di vecchie meccaniche ben riportate in auge e bilanciate e, soprattutto, al franchise che tiene nel suo grembo, fattori che rendono il titolo sempre attivo, divertente, spettacolare e mai noioso.
Nota di merito anche per la scelta degli stili di lotta, che variano da Stand a Mode, da “A Cavallo” a Energia Concentrica, diversi per ogni personaggio ma ben introdotte, variando e aggiungendo varie mosse di questi grazie al tasto R1, anche se questo rende vari lottatori un po’ sbilanciati ma nella “giusta dose” e mai troppo difficili da combattere, soprattutto se si pensa alla potenza effettiva di ognuno di essi nell’opera originale.
Sono Jean Pierre, Jean Pierre Eiffel… o forse no?
Ma quindi questo gioco dedicato a Jojo è tutto oro colato? In effetti, visto il fattore grafico spettacolare, il gameplay solido e dinamico, la buona longevità e il comparto sonoro caratterizzato da un doppiaggio giapponese di prim’ordine e una colonna sonora perfettamente ispirata e strutturata da canzoni perfettamente suddivise e composte per ogni componente di gioco (dai temi dedicati alle modalità a quelli dei personaggi), il gioco sembra avere davvero ben pochi difetti, ovvero i problemi già descritti pocanzi e legati alla modalità storia, problema legato ad certa mancanza nei personaggi… Ripetiamo, SEMBRA avere quei pochi difetti… Peccato che la nostra versione occidentale ha a che vedere con la localizzazione, fattore che mette sempre “un poco” di paura a coloro che seguono i vari mercati orientali o comunque stranieri al nostro vecchio continente. I diritti, si sa, sono una brutta bestia per questo tipo di mercato e Jojo non fa eccezione, anzi.
Infatti l’autore Hirohiko Araki ha sempre strizzato l’occhio al mondo della musica occidentale, onorando vari volto, band o canzoni molto conosciute nel panorama musicale, affibbiando i nomi di queste alla maggior parte dei suoi personaggi, passando da Dio, dall’ormai defunto cantante Ronnie James Dio, a Eisidisi (o Acideecy) dalla band AC/DC, a Abdul (o Avdol) dalla cantante Paula Abdul, e così via. Purtroppo sono proprio questi i motivi per cui il gioco è affetto da una mirabolante sindrome di “localizzazione fallita”. Molti di questi nomi infatti sono stati diversificati, talvolta cambiati totalmente, rendendo il tutto, soprattutto per gli amanti delle serie, un vero e proprio “inferno confusionario”, visto il doppiaggio originale giapponese che non rispecchia le parole mostrate nei sottotitoli, senza contare vari errori nella scrittura di certi termini che persistono in varie scene: da Polnareff a Eiffel, da Echoes a Reverb, da Sticky Fingers a Zipper Man, da Sex Pistols a Six Bullets, fino ad arrivare a veri e propri “orrori senza senso” quali Pucchi al posto di Pucci e i numeri 4 e 8 davanti al nome di Josuke Higashikata, numero che identifica così i due personaggi dallo stesso nome facenti parte della quarta e dell’ottava serie, ma che rimane fisso come parte del cognome in ogni evento e discussione del gioco. Tale problema però diventa più grande se oltre al fattore “nomi” anche il resto delle traduzioni sembra esser fatto in un modo davvero deficitario, lasciando intendere ai giocatori cose che i personaggi, in verità, non dicono o comunque affermano ma in maniera diversa (come, ad esempio, le frasi iniziali e finali di Joseph Joestar al contrattacco “E ora tu dirai…”), senza contare gli sporadici errori di scrittura qua e là.
Insomma, problemi sentiti solo nella nostra versione e che intaccano il voto totale e l’esperienza ludica totale (e non) anche se non in modo esagerato, ma che potrebbero storcere il naso agli appassionati del manga, i quali potrebbero optare per la versione giapponese del gioco.