Recensione Metal Gear Solid V: The Phantom Pain

Ti ho allevato. Ti ho amato. Ti ho dato le armi, insegnato le tecniche e fornito le conoscenze. Non c’è altro che io possa darti. Non ti rimane che prendere la mia vita…con le tue stesse mani. Uno deve morire e uno deve vivere. Nessuna vittoria, nessuna sconfitta. Chi sopravvive porterà avanti la lotta. È il nostro destino…Chi sopravvive erediterà il titolo di The Boss. E chi eredita il titolo di Boss affronterà un’esistenza di battaglia senza fine…

Queste le parole di The Boss, durante le fasi finali di Metal Gear Solid 3: Snake Eater. Ad anni di distanza, il senso di queste parole sembra inesorabilmente rivolto da Kojima ai milioni di fan e videogiocatori che lo hanno amato e seguito sin dalle sue prime gesta su MSX. Se nell’ultimo decennio il motto “No Place for Hideo” era stato tirato più volte in ballo come trollata dello stesso Kojima, oggi con l’uscita di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, il No place viene esteso anche a Snake. È ormai assodata, e di dominio pubblico, la separazione voluta da Konami con Hideo Kojima, e questo sancisce di fatto l’allontamento del padre nei confronti del figlio. Prima che questo accada però, padre e figlio hanno condiviso e costruito quello che è di fatto il Metal Gear Solid definitivo: il canto del cigno di una delle saghe videoludiche più belle e intricate di sempre.

Elevatosi a mostro sacro nella sua terza incarnazione in ordine d’uscita (la prima della serie Solid, in 3D e su PS One), la saga si è evoluta in modo quasi sempre omogeneo. A parte un secondo capitolo su PS2 inferiore e la controversa serie Acid! su PSP, la saga è stata un continuo crescendo sino alla conclusione effettiva con il quarto capitolo esclusiva PS3. Se vi state chiedendo che senso abbia questo Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, possiamo rispondervi che esso copre una fascia temporale che ad oggi risultava scoperta. Metal Gear Solid V: The Phantom Pain si colloca esattamente dopo Peace Walker e il primo capitolo uscito su MSX. Detto questo, spegnete il mondo intorno a voi.

Keep you waiting huh?

Premessa: questa recensione non vi dirà assolutamente nulla sulla trama. L’epicità sviluppata sin dal prologo è tale da non permettere alcun indizio e/o dettaglio. Tutto ha il taglio stilistico di Kojima e dei classici della serie. Ho passato la prima mezz’ora di gioco con le farfalle nello stomaco e un trip di droghe allucinogene in grado di farmi perdere seriamente la cognizione con l’ambiente esterno. Dopo questo primo momento, tutto si va “normalizzando” ed entra in “gioco” tutta la nuova struttura che sorregge The Phantom Pain. I veterani della serie , si accorgeranno di quanto MGSV sia molto simile a Peace Walker per la struttura di gioco a missioni. Infatti Venom Snake (aka Big Boss) potrà decidere quali missioni eseguire, se secondarie o primarie, ed il modo in cui eseguirle. A questo si aggiunge quella che è la novità più rivoluzionaria per la serie: il free roaming. Ma non parliamo di un free roaming alla GTA. Qui le cose sono ben più complesse e articolate. Se avete avuto modo di provare Ground Zeroes (qui la nostra recensione), avrete già un’idea di come tutto sia strutturato. A differenza di Ground Zeroes, però, qui le cose sono molto più ampie, e per certi versi molto più ostiche. The Phantom Pain infatti presenta le medesime peculiarità nel sistema di copertura e d’azione. (Ri)troviamo il Bullet Time se scoperti, che agevola per qualche secondo il giocatore permettendo azioni fulminee atte (ove possibile) ad eliminare il soggetto che ci ha rilevati. Presente l’ormai “miglior amico” di Snake , ossia il Binocolo. Perché miglior amico? Perché il binocolo, oltre a farci vedere chi o cosa stia facendo qualcuno in lontananza, ci permette di marcare i vari soggetti, così da carpirne gli spostamenti e i “giri” di pattuglia che di solito esegue. L’arsenale come sempre è variegato. Pistole e/o fucili letali e non (caricati con proiettili soporiferi). Ogni missione sarà svolta sempre in modo diverso: sarà sempre il videogiocatore a decidere come agire e come raggiungere quel determinato obbiettivo. E credetemi, i modi per farlo sono innumerevoli.
La libertà di agire non è solo oppiacea: il senso di trovarsi a decidere le sorti della missione è davvero spiazzante (in positivo) nelle prime fasi di gioco. E se questo non bastasse, a rendere le cose abbastanza ostiche, metteteci anche le condizioni climatiche variabili, e l’IA nemica che avanzando nel gioco imparerà il vostro modus operandi, e si organizzerà di conseguenza. Questo fa si che la strategia pre missione, o le scelte durante le medesime, siano sempre da fare in maniera cinica e intelligente. Ad aiutarci contro i nemici ormai ben assestati ad accoglierci, torna il CQC. Ma potrebbe non bastare di fronte a gruppi di nemici ben organizzati.

Lo ritenete già troppo difficile e troppo “ragionato” come approccio, rispetto ai precedenti capitoli? Ottimo! Per coloro che dovessero affrontare qualche difficoltà nello svolgimento di una determinata missione, si può sempre indossare il Chiken Hat. Un copricapo a forma di gallinaccio che vi renderà invisibili agli occhi dei nemici. A voi la scelta di gettare alle ortiche la vostra dignità. A differenza della “Virtuos Mission”, non sarete soli. Tramite un apposito menù pre-missione, potrete avvalervi di validi aiuti sul campo. Quali? Il cavallo, che abbiamo imparato ad ammirare sin dai primi trailer, la bella e poco vestita Quiet, il Mech e D-Dog. Per non svelarvi nulla a livello di giocabilità e di trama, in riferimento a questi validissimi “aiuti”, ci fermeremo qui. Sappiate però, che ognuno di loro eleverà all’ennesima potenza la già varia esperienza di gioco, regalandovi momenti di euforia schizofrenica alla “Liquid” durante lo scontro con il MG-Rex.

Son, you’ve got a way to kill

Il “Fulton Recovery System” è una di quelle trovate capaci di far “Volare” (letteralmente), l’esperienza di gioco e la parte semi manageriale di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain. Se non avete avuto modo di vederlo in azione sui capitoli PSP nè sui trailer/anteprime online durante la promozione del gioco, vi spieghiamo brevemente cos’è. Il fulton è praticamente una sorta di palloncino aereostatico iper-veloce capace di tirar su e trasportare alla Mother Base qualsiasi cosa, se potenziato a dovere. Da animali, a corazzati, a soldati storditi o meglio ancora prigionieri.
Quindi, recuperando armi pesanti e tutto ciò che di buono troveremo in giro, miglioreremo diversi aspetti sia sulla mother base che in battaglia. Se recuperate un mezzo corazzato, potrete poi usare lo stesso nelle missioni successive.
Proprio queste feature collegano ancor di più questo quinto episodio a Peace Walker. Ovviamente al primo posto troviamo la trama: infatti questo capitolo è, come accennato, il seguito diretto di Peace Walker. Da esso infatti eridita anche la gestione della Mother Base che non è solo una base in cui rifugiarsi tra una missione e l’altra. Qui si tratta di gestire interamente ogni singolo aspetto della stessa. Dai compiti assegnati ai soldati, recuperati con il Fulton o meno, alla formazione del proprio esercito, alla ricerca , sviluppo e miglioramento delle proprie armi. Proprio l’esercito e le truppe che andremo a formare potrebbero decidere di schierarsi autonomamente in battaglia con noi. Questo dipenderà dal nostro grado di eroismo (che salirà se compiremo azioni perfette, non ci faremo scoprire e salveremo dei poveracci prigionieri del nemico, mentre scenderà se faremo le cose inverse) e da tutta una serie di fattori che andranno poi a modificarsi nel proseguo dell’avventura. Il menù per ciò che riguarda la Mother Base non è proprio dei più intuitivi, ma prendendoci la mano rischierà di diventare una vera e propria droga. Potrete acquistare delle nuove piattaforme ed esplorarle a piacere. Manca purtroppo una sorta di “viaggio veloce”, ma non è nulla d’importante. Lo è meno l’esplorazione della stessa. Nonostante sulla MB potrete andare dovunque, l’utilità dell’esplorazione si limiterà al solo spronare il morale delle truppe, e brevi cut-scene con alcuni personaggi chiave.
Come sempre per poter andare e tornare da una missione, utilizzeremo l’elicottero: il medesimo che abbiamo imparato a conoscere in Ground Zeroes.

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How you turned to grief? Do you remember?

L’avventura che ci ritroveremo a giocare si divide in due parti ben distinte. La prima risulta essere più serrata e variegata. La seconda invece più diluita e in qualche modo dispersiva. Questo perchè, attraverso alcune chicche, tutto andrà a diradarsi in maniera inesorabile e dannatamente difficile. Già, perchè se la prima parte del gioco risulterà “scorrevole”, la seconda risulterà alquanto ostica. Sfociando a volte nella frustrazione. Ma questo darà i suoi frutti. E che frutti. Non vogliamo anticiparvi nulla, ma sappiate che esistono due finali ben distinti. No, non vogliamo anticiparvi alcun DLC aggiuntivo. Kojima, da gran figlio di una buona donna, ha fatto sì che solo l’impegno massimo portasse a vedere quella porzione di finale che l’utente medio potrebbe non vedere. Come a voler trasmettere ulteriolmente al videogiocatore ciò che Snake affronta direttamente. Il modo in cui viene svolta questa sorta di “sfida” di Kojima potrebbe sembrare alquanto anomala e controproducente. Le difficoltà di cui vi parlavamo sono date proprio da alcuni obbiettivi e contratti in determinate missioni, non proprio facili da portare a termine perchè ricche di determinati punti da seguire obbligatoriamente. Pena il fallimento della missione. La presenza di missioni peggiori di quanto abbiate visto in Bloodborne per difficoltà rende tutto dannatamente eccitante. Probabilmente avremmo gradito una IA ancora più intelligente e curata, ma nulla di così eclatante comunque.
Quindi, che senso ha il secondo finale? Bene, sappiate che se non completerete parte di queste sfide, potrete scordarvelo. E non basta solo avere astuzia e pazienza. La vostra Mother Base dovrà essere potenziata sino all’inverosimile per poter avere speranze di riuscita. Quindi, se avete tralasciato per le prime 25/30 ore di gioco quasi qualsiasi attività riguardante la MB, sappiate che avrete una bella gatta da pelare. Andate di missioni secondarie, esplorazione totale della Mother Base, e ascoltate e visionate qualsiasi indizio che riuscirete a trovare. Ne va della vostra esperienza…sopratutto alla fine!

the phantom pain review

Se vi state chiedendo della presenza delle boss fight, anche qui dovremo tenere le bocche serrate. Probabilmente meno ispirate che in passato (Metal Gear Solid 3 su questo è ancora il migliore) ma restano come sempre dannatamente divertenti e di grande impatto. Non deluderanno assolutamente né i fan di vecchia data né coloro che si avvicinano alla serie per la prima volta. La durata complessiva dell’avventura varia a seconda di come vi approccerete all’avventura. Va da sè che noi ci abbiamo messo circa 70 ore per arrivare dove siamo arrivati (non possiamo dire molto…perdonateci) e possiamo ritenerci soddisfatti. Probabilmente uno sviluppo ancora più curato della MB ci avrebbe portato via ulteriori ore di gioco.

La questione tecnica è una di quelle che sta molto a cuore, sopratutto a coloro che da questo Metal Gear Solid si aspettavano faville, su current-gen. E cosi è! Tutto si muove in maniera sinuosa e con un dettaglio grafico da mascelle spalancate. Probabilmente il fatto che il progetto sia cross-gen ha reso le cose un pò meno favolose, ma è impossibile non fermarsi e ammirare alcuni scorci, giochi di luce ed effettistica varia. Specie se questi si muovono a 1080p e 60 frame stabili (PS4). Le cut-scene sono seriamente ipnotiche, data la regia del gran maestro. Ma il Fox Engine si comporta in maniera egregia anche in battaglia. Regalando emozioni e visuali da defibrillazione post 50 Redbull in serie. La colonna sonora poi è come sempre curata nei minimi dettagli, con tracce evocative ed epiche. Tracce che riascolterete sino ad avere l’udito consumato. Il sonoro generale è poi cosi curato da essere immersivo al 100%, specie se giocato con un buon impianto o un paio di cuffie potenti.

Pro

  • Trama da Oscar
  • Tecnicamente maestoso e sonoro perfetto
  • Gameplay inappuntabile sotto ogni aspetto
  • Chiude un ciclo ben definito
Contro

  • Una maggiore personalizzazione della Mother Base sarebbe stata gradita
  • Provoca momenti di isteria ed eccitamento
  • Crea assuefazione
  • È inutile andare avanti, non ne ha.