Recensione The Legend of Zelda: A Link Between Worlds
Prendete un Nintendaro a caso e chiedetegli quale sia il suo capitolo di The Legend of Zelda preferito. Essenzialmente potrete ricevere solo due risposte: Ocarina of Time, oppure A Link to the Past.
Entrambi questi due titoli sono capisaldi del mondo videoludico. Opere tecnicamente avanzate (per l’epoca in cui sono uscite), profonde, ma soprattutto divertenti da giocare. E Nintendo ha dimostrato di essere a conoscenza del fatto che Ocarina of Time e A Link to the Past sono i due capitoli di Zelda preferiti dai fans; infatti, se a Giugno 2011 ha proposto un remake per 3DS di Ocarina of Time, il 22 Novembre 2013 ha deciso di far uscire sul mercato addirittura un sequel di A Link to the Past.
Il titolo in questione è The Legend of Zelda: A Link Between Worlds, che potremmo considerare una riproposizione in chiave totalmente nuova di A Link to the Past (già l’assonanza tra i titoli dovrebbe far riflettere).
Come in A Link to the Past, anche in A Link Between Worlds ci vengono proposti due mondi in cui dovremo alternarci per avanzare nell’avventura. Al posto dell’Underworld, ci sarà Lorule, terra speculare di Hyrule, in cui il perfido Yuga ha portato i Sette Saggi e la Principessa Zelda dopo averli trasformati in dipinti, con l’intento di riportare in vita il celebre Ganon. Link, grazie ad uno speciale bracciale regalatogli dal mercante Lavio, potrà entrare nei muri, e sfruttare delle speciali crepe che gli permetteranno di raggiungere Yuga, in modo tale da fermare il suo piano.
Nonostante le premesse, non ci vengono riproposti gli stessi eventi già vissuti in A Link to the Past, poichè il tutto prenderà riscontri differenti, che porteranno Ganon a rivestire addirittura un ruolo molto marginale, in favore del perfido Yuga, che possiamo annoverare come antagonista vero e proprio del titolo.
Nonostante il gioco sia ambientato nella stessa Hyrule di A Link to the Past, ci troviamo di parecchi anni nel futuro (fonti ufficiali citano ben sei generazioni di differenza). Per questo motivo ci troviamo di fronte ad un cast di comprimari completamente nuovo, eccetto per Link e Zelda, che sono discendenti degli originali, e di Ganon, che è lo stesso. C’è anche un altro personaggio che fa il suo ritorno, ben noto a chi ha giocato A Link to the Past: si tratta del saggio Sahasrahla, anche se non è specificato se si tratta dello stesso personaggio, o di un suo discendente. Nel gioco sono presenti anche riferimenti ad altri titoli, come la Majora’s Mask appesa nella Casa di Link.
Anche la mappa di gioco ci viene riproposta fedelmente. Ritroveremo così i vecchi dungeon (che però all’interno saranno totalmente nuovi), e addirittura la Casa di Link sarà nello stesso punto. La mappa di Lorule, essendo uno specchio di quella di Hyrule, è molto simile, sebbene presenti altri dungeon e strutture differenti.
Per richiamare il vecchio capitolo, è stata ripristinata la visuale dall’alto, la classica “visuale a volo d’uccello” resa celebre proprio dalla serie The Legend of Zelda, fino all’avvento di Ocarina of Time e, quindi, delle tre dimensioni. Non per questo il titolo pecca tecnicamente. Anche se inizialmente il tutto è in due dimensioni, quando Link entra nei muri grazie al suo bracciale, che lo trasforma in un affresco, la visuale diventa tridimensionale, permettendo di vedere dettagli altrimenti nascosti. La possibilità di poter vedere lo scenario sia dall’alto, che tridimensionalmente, ha aperto a Nintendo svariate possibilità, tutte colte e sfruttate egregiamente, come dimostra il level design, che considererei la massima qualità del gioco. Ottima anche l’implementazione del 3D, che permette di capire meglio la disposizione spaziale tra i vari piani che compongono ogni stanza dei vari dungeon.
I dungeon non sono enormi a di la verità, ma sono molto concentrati, il chè si riflette in modo positivo sul gameplay, che non risulta mai monotono, ma negativo per quanto concerne la longevità dei singoli dungeon. Anche la loro difficoltà è stata leggermente abbassata, con la condizione di rendere i nemici leggermente più ostici.
Un’altra differenza di gameplay è data dalla possibilità, nel gioco, di ottenere tutti gli strumenti sin da subito, spezzando così l’ormai storica tradizione che permetteva di sbloccare un oggetto solo proseguendo nell’avventura. Grazie al già citato mercante Lavio, potremo ottenere tutti gli strumenti già all’inizio dell’avventura con due modalità: comprandoli (ad un prezzo molto alto), o noleggiandoli (ad un prezzo decisamente più abordabile). Se venissimo sconfitti, però, perderemmo tutti gli oggetti noleggiati, e dovremmo sborsare altre rupie preziose per ottenerli nuovamente.
Gli strumenti sono i più classici della serie, con qualche eccezione come ad esempio gli Occhiali Mistici, che al costo di una moneta StreetPass permetteranno di ricevere un consiglio (anche se il più delle volte, questa nuova feature si rivelerà alquanto banale).
Viene anche introdotta una modalità dedicata agli incontri StreetPass. Incrociando una persona con 3DS e Zelda A Link Between Worlds, potremo combattere un Link Ombra che avrà i due strumenti equipaggiati dall’avversario al momento dell’incontro. Una funzionalità gradevole ma comunque superflua.
Ottimo anche il comparto sonoro, che presenta le splendide tracce rese famose dai vari capitoli della serie, anche se in questo senso non viene proposto nulla di nuovo. Da segnalare anche la presenza dei vari “versi” dei personaggi che vanno a sostituire il doppiaggio, che per la prima volta figurano in un capitolo portatile.
L’unica vera pecca è forse rappresentata dalla longevità, in quanto l’avventura principale, nonostante la presenza di ben nove dungeon, non supera le 12 ore effettive. Un netto passo indietro rispetto agli standard cui la serie ci ha abituato. Grazie alle numero sub-quest, comunque sarà garantita una manciata di ore aggiuntive, e la rigiocabilità è comunque favorita dalla presenza della modalità Eroica, la classica Master Quest sbloccabile al termine dell’avventura.