Recensione Tokyo Twilight Ghost Hunters
Il Giappone. Terra magica e ricca d’atmosfere sinistre apparentemente sopite, ma sempre vigili e vive. Terra divisa tra la tradizione e l’innovazione, tra la realtà cinica e i riti occulti, tra credenze popolari di fantasmi, spiriti maligni e yurei. Proprio questi ultimi sono la peggior specie di fantasmi in circolazione, e non sono solo in Giappone.
Essi sono anime decedute in modo violento, e che hanno lasciato ancora qualcosa in sospeso.
E tutto questo non ha confini, se non quelli dell’intelletto umano. E del suo grado di maturità e conoscenza.
Niente paura, comunque. State per conoscere quella che è la storia di una squadra di acchiappa fantasmi: i “Tokyo Twilight Ghost Hunters”.
Se pensate che questa recensione sia solo una puntata di Geo&Geo o, peggio ancora, di Mistero, vi sbagliate di grosso. Preparatevi, investigheremo nell’oltretomba. “Un abbraccio, Adam”.
Fantache?
Come da cliché, la storia che andiamo a raccontarvi parte durante una mattinata soleggiata. Il nostro personaggio è appena arrivato in città, e dovrà recarsi alla Kurenai Academy, la scuola in cui frequenta il terzo anno.
La storia decolla in maniera quasi frettolosa con una sedicente signora che, in modo apparentemente del tutto assurdo, ci passa un bigliettino da visita. È la direttrice di una testata sull’occulto, la Gate Keepers Inc.
Ovviamente non daremo peso a questo fin quando entrando in classe, durante un dialogo con un compagno paraplegico, non ci viene posta una domanda assai strana: “Credi nel paranormale?”.
Da qui le situazioni cominciano ad intrecciarsi in maniera cosi veloce che, dopo poche ore dall’inizio, saremo già in giro ad investigare su fantasmi e non solo. Insomma, saremo la matricola del team alle dipendenze della Gate Keepers.
Ed ecco che tutto torna. O almeno, appare chiaro anche se oscurato. Ed il gioco di parole è voluto. Ciò che potrebbe spiazzare, inizialmente, è la moltitudine di eventi che si susseguiranno. Essi infatti scorrono in maniera un po’ troppo veloce, sommergendo il giocatore in poco tempo.
Ad alleviare questa sensazione ci pensano una serie di scelte stilistiche che rendono questo videogioco quasi simile ad un anime a puntate. Esso infatti è suddiviso in vari capitoli che, nonostante siano legati in maniera sottile, sono autoconclusivi.
Tutti i capitoli sono legati inoltre da una struttura di gioco molto simile tra loro. Ci ritroveremo ad affrontare casi di apparizioni, poltergeist, ecc…La nostra missione, da bravi investigatori e cacciatori quali siamo, sarà indagare.
L’indagine è affidata ad una serie di dialoghi con risposte a scelta multipla. Una volta raccolte tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno ci potremo buttare nel combattimento vero e proprio.
E qui, cominciano i primi veri problemi. Dimenticate il semplice sistema di risposta multipla a cui ci ha abituati Mass Effect. All’inizio abbiamo fatto fatica a capire come gestire le sezioni narrative. Anche perché questa sezione non è composta da dialoghi lunghissimi. Anzi, il tutto scorre abbastanza velocemente. Forse anche troppo.
Inoltre le risposte che daremo non hanno minimamente influenzato il proseguo della missione o del gioco, aspetto che ci ha fatto storcere il naso, anche in virtù del fatto che, assieme alle risposte potremo associare una determinata espressione derivata da uno status a scelta: rabbia, affetto, tristezza.
Nonostante questo, il risultato non cambia.
Finita la sezione relativa all’indagine, ci ritroveremo nella “sala comandi” della Gate Keepers Inc.
Qui potremo prepararci allo scontro organizzando l’equipaggiamento da portare in missione, effettuare degli upgrade e smistare i punti esperienza e accettare delle missioni secondarie. In questa parte della missione sussiste anche un pizzico di strategia: potremo pianificare gli attacchi analizzando la mappa del luogo in cui ci recheremo. Potremo piazzare trappole per indebolire l’entità, o farlo dirigere nella direzione che vorremmo prendesse per intrappolarlo. I mezzi sono i più comuni, come da tradizione: zampe di gallina, sale, acqua santa, amuleti protettivi.
Anche qui, nonostante le premesse, la discesa in campo diventerà ben presto un problema.
Il sistema di combattimento è pessimo, incomprensibile e difficile da apprendere.
Il tutorial risulta essere di qualità infima, e chiunque lo abbia scritto, probabilmente era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Ci ritroveremo ad affrontare gli scontri con un sistema a turni predeterminati. La vista sull’area dello scontro è in una prospettiva simil-isometrica, posizionata su quella che è la piantina dove abbiamo pianificato lo scontro.
Non vedrete alcun personaggio muoversi, ma solo delle pedine che attaccano in base agli AP disponibili.
Le scene in cui si passa alla visuale in terza persona si palesano quando l’affondo al nemico va a buon fine, ma anche queste durano ben poco, e sono di qualità abbastanza scadente.
Ciò che rende unica e in parte piacevole la struttura di gioco è la possibilità di danneggiare l’ambiente in cui si svolge la missione.
Per meglio comprendere, se siamo stati ingaggiati in casa di un cliente, dovremo stare attenti durante lo scontro a non danneggiare il mobilio, pena un salario minore per via del risarcimento al povero malcapitato.
Quindi se credete di poter dare fendenti a destra e manca, potete ricredervi. Proprio quest’ultima caratteristica porta il gameplay su livelli strategici abbastanza elevati, costringendoci a elaborare una strategia avanzata e mai superficiale. Con l’esperienza, il gameplay comincia a diventare divertente, e restituisce tante soddisfazioni. Ma nonostante questo, resta l’amaro in bocca per quello che poteva essere se fosse stato affinato in maniera migliore.
Anime o videogame?
Come già spiegato in precedenza, Tokyo Twilight Ghost Hunters ha stile da vendere. Tutto viene raccontato attraverso sequenze in stile visual novel. Affascinanti e davvero evocativi.
Il premio per il peggior difetto va ai fondali statici durante i combattimenti. I vecchi Final Fantasy su PS One erano davvero oro se messi in confronto.
Nulla di particolarmente rilevante nelle brevi apparizioni dei personaggi in 3D durante l’affondo centrato ad un nemico: scialbe e assolutamente anonime.
Nota di merito al comparto sonoro. Più che sufficiente il campionamento degli effetti, degna di nota la colonna sonora. Questo perchè ritroviamo le sapienti mani di Nobuo Uematsu, autore indimenticabile di quella ottava Fantasia Finale, e non solo. Insomma, una luce intensa su un buio quasi totale qual è questa produzione.