Uncharted 4: Fine di un Ladro – Recensione
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I mondi visitati in questi anni passati con un pad in mano, sono stati molteplici. Ho viaggiato attraverso la galassia, aiutato la mia specie a combattere razze aliene ostili. Ho combattuto con uno spartano che reclamava vendetta, raccolto frutti Wumpa con un marsupiale. Mi sono nutrito di Eco Oscuro e scampato una pandemia globale legata ad un fungo. I viaggi di un videogiocatore sono legati a doppio filo con la realtà che vive ogni giorno. Quella stessa realtà molto spesso un pò troppo stretta. Il sogno si trasforma così in un viaggio. Un viaggio che comincia nel momento esatto in cui si inserisce il disco nella console. Un tunnel, schermata nera, la luce, il paradiso. Avevo dei vestiti leggeri, quell’estate. Le giungla mi accolse come mai aveva fatto un videogioco. Trascorsi cinque minuti a guardare l’ombra delle foglie, il paesaggio, l’acqua, Nathan: era il primo Uncharted.
Sentivo addosso l’umidità, e quel profumo di natura che quasi bloccava il fiato. Salti, arrampicate e sparatorie. Tombe, citta credute perse, archeologia e pistole dal grilletto facile. Non so dire esattamente cosa successe, ma in quel momento l’allora soprannominato “fratellastro” di Lara Croft entrò in un lampo nell’immaginario collettivo mio e di tutti, scalzando e mortificando colei che in passato non aveva rivali in tal senso. Il mondo videoludico fu scosso da un terremoto, che fece crollare le basi di un gaming fin troppo basico, fino a quegli anni. Il primo Uncharted fissò nuovi canoni di bellezza estetica, mista ad un ottimo gameplay e una trama eccelsa. Naughty Dog, sempre loro. Spenderei una serie interminabili di lodi, per questa software house. Capaci di centrare il segno ogni santa volta, da Crash Bandicoot a Jak & Daxter, passando per la trilogia di Uncharted e arrivando a The Last Of Us. Probabilmente, nessuno ha mai fatto come Naughty Dog. Il fatto che sia legata a Sony poi non è cosi scontato. Definita, negli anni, l’azienda che ha rivoluzionato il gaming dalla prima Playstation in poi, Sony deve molto a Naughty Dog. Tutte le esclusive legate ai “cagnacci” hanno fatto la fortuna di questa console, elevandola a livelli che solo Nintendo e la sua Experience avevano fatto prima. E no, carissimi lettori. Questa non è una recensione Pro-Sony o Pro-Naughty Dog. Questa è la realtà di chi, negli anni, ha vissuto un’infanzia e un’adolescenza migliore proprio grazie a queste due società. Uncharted, allo stesso modo di come fa generalmente il testosterone, ha poi segnato il punto di svolta. Maturo, grandioso, assolutamente spettacolare. Una trilogia che in quanto ad epicità non ha nulla di meno rispetto a saghe Hollywoodiane come “Il Signore degli Anelli”. E questo capitolo per PS4 termina definitivamente quanto cominciato su PS3. La cosa strepitosa è che lo fa con una frenesia, un coinvolgimento e un pathos tale da travolgere il videogiocatore, ed incollarlo allo schermo per tutta la durata dell’avventura. Mettetevi comodi, si comincia.
Il ritorno di Nathan
Come da tradizione, il gioco si apre nel bel mezzo dell’azione. Siamo su un’imbarcazione in mare aperto e in mezzo ad una tempesta. Altre barche ci attaccano, e un secondo soggetto ci incita ad aumentare la velocità, speronando i veicoli che tenteranno di fermarci. L’impatto iniziale è mostruoso. Il giocatore farà a fatica a credere ai propri occhi. L’imbarcazione si capovolge, Nathan risale, breve sparatoria e poi di nuovo in corsa verso un’isola. La frenesia e le condizioni avverse rendono la traversata assolutamente impossibile, e l’ultima cosa che vedremo è lo scoglio contro cui andremo a sbattere. Bene, da qui in poi tocca a voi. Ogni singolo pezzo di trama deve essere assolutamente goduto in ogni anfratto. Cronologicamente questo episodio si piazza dopo Uncharted 3, e segue il filone narrativo esattamente da dove lo avevamo lasciato.
Scoprirete autonomamente come si è arrivati alla situazione descritta in precedenza. La trama, in modo del tutto simile di come accadeva nei precedenti episodi, ha una cadenza lineare. Ma non saremo costretti a percorrere dei lunghi corridoi unidirezionali. O almeno, non sempre. Naughty Dog ha dato piena mobilità a Nathan, dotando gli ambienti di più possibilità d’azione. Molte location saranno così ampie da mettere in difficoltà coloro che erano abituati a dei corridoi preimpostati. È tangibile la somiglianza, nella gestione degli ambienti e delle possibilità con cui agire, con un certo Metal Gear Solid V. Ancora una volta non voglio spoilerare, ma vi basti pensare che a bordo della vostra Jeep vi muoverete in un ambiente talmente tanto vasto e vivo che alla prima run probabilmente non riuscirete a vivere ogni singolo pezzo di ciò che vi passerà di fronte. A meno che non siate degli esploratori meticolosi. In quel caso la longevità del titolo decolla oltre le 25 ore (e non scherziamo), con una base di “sola” trama principale di circa 15 ore. A parte queste novità appena descritte e che abbiamo visto nelle demo-gameplay, Uncharted 4: Fine di un Ladro non stravolge la formula di base. Ritroveremo una marea di enigmi da risolvere, sempre nuovi alcuni molto semplici, ed altri cosi difficili da costringervi a spremere per bene le meningi. Al suo interno troveremo comunque le medesime azioni, situazioni e momenti concitati che lo hanno reso lo spettacolo che è oggi.
Ad amalgamare il tutto ci pensa una trama che sorprende per originalità e colpi di scena. Inutile dire che già dal tema iniziale si sente una vena nostalgica, quasi triste, probabilmente legata a questo che è, a tutti gli effetti, l’ultimo caro saluto di Naughty Dog a Nathan e compagni. Tutto ciò che passerà a schermo non farà altro che citare e riportare alla luce quanto di buono questa software house ha fatto in questi anni. Alcune ambientazioni e alcune situazioni ricordano da vicino i lavori precedenti di Naughty Dog: in maniera simile di quanto successo ha fatto Insomniac con il nuovo Ratchet & Clank, i ND si autocitano, e hanno nascosto degli Easter Egg che mi hanno commosso, e sopratutto caricato di hype. Ovviamente non ve ne citiamo nemmeno uno, ma quello che più spicca è il medesimo che li ha resi famosi (e probabilmente sapete già di che si tratta).
Ad affiancare il singleplayer c’è una modalità multiplayer che, in questa edizione, cerca di rinnovare quanto fatto con Uncharted 3, ma non innova di una virgola. Soliti deathmatch, una sorta di re della collina, e la classica cattura la bandiera. Tutte modalità che probabilmente non hanno bisogno di descrizione, dato che sono utilizzate nella stragrande maggioranza dei titoli con componente multiplayer online. Attraverso questa modalità, sarà possibile guadagnare denaro da utilizzare per espandere la propria esperienza e quella della propria squadra. E qui entrano in campo le microtransazioni. Sì, perchè anche in questo caso, pur non trattandosi di un Pay-To-Win, chi paga avrà tutto subito e meglio. Questa modalità non ha nessuna componente ruolistica nello sviluppo del personaggio, e manca di mordente. È innegabile come il multiplayer ideato per Uncharted 4 sia quanto di più inutile, e questo non per le modalità in sè, quanto per la mancata innovazione in tal senso. Ad ogni modo, con tutto ciò che offre la campagna principale, non si sente affatto la mancanza di questa modalità, probabilmente unica nota stonata in un capolavoro sotto ogni punto di vista. Se con i prossimi aggiornamenti tale modalità si rinnoverà, saremo ben lieti di apprezzarla in tutto. Al momento, il nostro consiglio è di evitarla, e se proprio volete giocare ad un FPS online, cercate altro.
Pro
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Contro
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