A pochi giorni dall’uscita ufficiale del gioco, abbiamo avuto il piacere di poter provare il nuovo titolo, tutto italiano, The Town of Light. Il gioco, sviluppato dal team italiano LKA è essenzialmente un’esperienza psicologica esplorativa in prima persona, ambientata nel manicomio di Volterra. Personaggi ed eventi sono ispirati a fatti realmente accaduti; il gioco infatti vuole riportare alla mente e alla luce gli orrori che, a metà dello scorso secolo, erano inflitti ai pazienti ricoverati nei manicomi. Il luogo scelto è uno dei più grandi manicomi italiani e, infatti, ogni stanza, o padiglione, sono stati ricreati con perfetta somiglianza al luogo reale.
Storia e ambientazione
Come abbiamo già anticipato, l’intera vicenda sarà ambientata nel manicomio di Volterra, uno dei più grandi istituti italiani, e andrà a ripercorrere la storia di Renèe, una sedicenne schizofrenica ricoverata negli anni ’30 e ’40 dello scorso secolo. La storia non è reale, ma verosimile, in quanto si basa su fatti realmente accaduti, documentati e storicamente attendibili. Come viene detto dagli sviluppatori, il luogo scelto, ovvero il manicomio di Volterra, non è stata una scelta legata alla storia particolare di quel complesso: qualsiasi altro manicomio sarebbe stato adatto allo scopo, ma la particolarità architettonica dell’edificio avrebbe meglio reso il lavoro finale.
L’interno, invece, sembra essere stato riprodotto solo attraverso conoscenze, non proprimente vincolate, ma liberamente ispirate ad attrezzature e sale utilizzate spesso durante gli anni di utilizzo di questi istituti, quindi dagli anni ’30 fino al 1980.
Come già anticipato, vestiremo i panni di una donna che, trascorsi diversi anni, si ritroverà di nuovo all’interno dell’edificio nel quale, all’età di sedici anni, era stata ricoverata. Quello che troveremo sarà un ambiente completamente abbandonato e lasciato cadere a pezzi, esattamente così come lo troveremo ai giorni nostri; l’unico modo che avremo per rivivere il passato, sarà quello infatti di affidarci ai ricordi e ai flashback della nostra protagonista. L’intento non è quello di attaccare la psichiatria dell’epoca, ma proprio quello di far comprendere e portare alla luce una storia che forse spesso si è dimenticata.
Da un lato infatti sentiremo ricordi ed emozioni dei ricoverati che, una volta messo piede all’interno dell’istituto, perdevano i propri diritti civili; dall’altro però ci troveremo a scoprire anche la difficile condizione degli infermieri, in numero molto ridotto e vincolati a badare a malati difficilmente gestibili, spesso frustati e inadeguati.
Ripercorrere il cammino della memoria
E la notte in Malebolge è peggiore del giorno. Per qualche ora agiscono le iniezioni di sonnifero; poi si ode un ringhiar sordo che cresce di tono e s’incupisce in un ululato tremendo, che ridesta tutte le voci alte e fioche dei deliri più diversi.
Questa era la situazione dei manicomi italiani che, soprattutto negli anni in cui è ambientata la storia, erano sovraffollati, privi di un adeguato personale. Purtroppo mancavano anche le conoscenze necessarie, come gli attuali psicofarmaci, che avrebbero sicuramente reso meno ingestibili alcuni pazienti e dunque ciò spingeva spesso il personale ad adottare misure davvero drastiche per porvi rimedio. I pazienti erano legati, imbavagliati, soffocati e soggetti a lobotomie ed elettroshock. Tutto ciò ha spinto verso la realizzazione di questo titolo che ha in serbo molte cose da dire e raccontare.
Niente di sovrannaturale, è la realtà a fare paura
Queste mura sono diventate la mia pelle.
Meccaniche di gioco e comparto tecnico
Ogni momento della storia è accompagnato dalla voce narrativa di Renèe, e, tutto ciò che vedremo, sarà visto attraverso i suoi occhi e i suoi ricordi. Essenzialmente lo scopo è proprio quello di ricostruire passo a passo la sua triste storia, andando a recuperare que e là alcuni frammenti del suo passato ricovero, avendo la libertà di esplorare la quasi totalità delle stanze del manicomio e del resto dell’ambientazione esterna.
Non aspettatevi dunque un rompicapo su cui sbattere la testa: il gioco non vuole protendersi verso questo stile. Vuole solo essere un racconto, in un ambiente tridimensionale e liberamente esplorativo di una storia che, seppur non vera, verosimile, in quanto basata su documenti storicamente attendibili e racconti del passato.Per quanto riguarda il gameplay, dunque, ci troveremo, per la quasi totalità, ad esplorare le zone ricreate in 3D del manicomio di Volterra, andando a seguire passo a passo ogni ricordo della vita della sedicenne ricoverata. Tutto sarà ancorato dunque alla narrazione di sottofondo, interrotta di tanto in tanto da alcune scene che andranno a raccontare, attraverso immagini e parole, gli orrori subiti, gli abusi e le “cure” a cui i pazienti erano sottoposti.
Non ci saranno dei veri e propri ostacoli da superare, chiavi da trovare, forzieri da aprire, sarà quasi tutto sotto i nostri occhi e, per trovarlo, basterà cercare di seguire il filo logico delle parole della giovane protagonista.
Inoltre è bene fare i complimenti a tutto il reparto tecnico, non solo per il bellissimo lavoro grafico di ricostruzione in 3D, ma anche all’ottimo doppiaggio delle voci, alla scelta di alcuni effetti nelle scene e alla musica. La grafica è gradevole e adeguata alle aspettative, si notano le varie differenze tra i settaggi low e high, sebbene il gioco rimanga sempre fluido e scorrevole. Le musiche poi, danno un tocco veramente perfetto a tutta la narrazione; esse infatti sono studiate a seconda della situazione e riescono a ricreare da sole la giusta emozione verso i videogiocatori.
Pro
|
Contro
|