Non si può negare che Unravel sia un gioco ricco di emozioni e creato con il cuore. A metterlo in evidenza è innanzitutto il piccolo e sincero ringraziamento fatto dal team della Coldwood che appare prima di poter dare inizio alla nostra avventura. Unravel è un indie un po’ particolare che, nonostante tutto, riesce a farsi strada in mezzo a tanti titoli dagli importanti trascorsi. Probabilmente il merito è da attribuirsi alla passione con cui è stato realizzato: ogni parte della storyline è coinvolgente, e interattiva; ogni immagine richiama alla mente ricordi nostalgici di un passato trascorso che vuole essere trasmesso.
Il filo rosso di Yarny si snoda scalando i vari livelli attraverso rompicapi più o meno complicati, lasciando forse più spazio alla storia che alla mera meccanica di gioco. Unravel vuole imporsi come un platform leggero e garbato, ma forse, un po’ troppo evanescente.
Il filo rosso dei ricordi
Il titolo è un platfom a scorrimento orizzontale, in cui ci troviamo ad impersonare un piccolo esserino rosso, nato da un filo di lana, che si trova in mezzo ad ambientazioni e atmosfere significative. Oltre ad andare avanti con il livello, abbiamo la possibilità di interagire con alcuni oggetti scenografici che andranno ad aiutarci nella risoluzione del puzzle propostoci.
Il gameplay è abbastanza semplice, ma ben strutturato, e vede come oggetto primario, per il superamento del livello, proprio l’utilizzo del filo rosso che va a formare il corpo del protagonista stesso. Questo connubio tra l’utilizzo del filo e l’interazione con gli oggetti rende il gioco particolarmente divertente; in alcuni momenti infatti dovremo utilizzare il nostro stesso corpo per superare il livello, saltando in giro tra boschi e giardini, o mobili di casa, arrampicanoci sul motore di una barca, o dondolandoci tra un appiglio e l’altro; altre volte invece saranno proprio gli oggetti di scena ad aiutarci nel nostro intento. Magari dovremo spingere qualche lattina, farci trasportare da una bicicletta o da un granchio, salire su una ghianda per superare un ostacolo molto alto.
Il nostro filo ci darà la possibilità di effettuare moltissime azioni diverse: se agganciato tra due appigli, ad esempio, potrà svolgere la funzione di rampino, facendoci volare per aria, oppure potrà aiutarci a trasportare un oggetto da una riva ad un’altra. Ma ricordate: state attenti a quanto filo usate! Esso infatti è il componente principale del corpo del nostro piccolo Yarny, e se ne srotolate troppo, infatti, finirete per diventare un piccolo scheletro, senza più la possibilità di proseguire. Dunque, in momenti come questi, è necessario tornare sui propri passi e, magari, cercare qualcuno di quei grovigli di lana che, oltre a rifocillarci di filo, saranno i nostri checkpoint. Inoltre, nel caso in cui vi siate accorti di esservi ingarbugliati troppo, potrete sempre affidarvi al tasto “fine” e ricominciare dal checkpoint più vicino.
L’avanzamento tra i livelli è generalmente molto semplice, non vi sono enigmi particolarmente difficili da risolvere, e anzi, forse, la parte relativa agli enigmi è quella un po’ meno curata e approfondita. I puzzle che ci troviamo davanti non sono difficili, spesso anzi sono molto prevedibili, anche se, il fatto di dover ricercare il miglior percorso a minor dispendio di filo, è uno dei tratti più interessanti. Gli ultimi livelli in ogni caso risultano un po’ ripetitivi, in quanto ci ritroviamo a rifare cose già viste e riviste. È dunque da sottolineare che sia un vero peccato che, alla fine, le meccaniche di gioco rimangano sempre le stesse, facendoci cadere un po’, verso la fine, nella monotonia.
Certo però non mancano dei tratti particolari e divertenti, che rendono il gioco meno noioso: ad esempio, ad un certo punto ci troveremo su un bagnasciuga dove dovremo affrontare a tempo grandi onde e forti folate di vento, che rischieranno di farci cadere più volte; oppure molto simpatico il momento in cui, grazie ad un soffice manto nevoso, potremo creare una palla gigante con a base una pigna che abbatterà per noi le stalattiti; o ancora dovremo evitare dei corvi mentre attraversiamo un campo appena seminato; o dovremo distrarre dei grossi granchi con alcune vongole, per evitare che ci attacchino; oppure ancora quando ci troveremo aggrappati ad un aquilone con l’intento di sorvolare un lungo bosco.
Certamente si tratta di ottime trovate che vanno ad arricchire un gameplay che sarebbe stato altrimenti davvero molto monotono; tutto ciò unito ad una scenografia davvero suggestiva che richiama immagini particolari che rendono migliore il tutto nel complesso.
Purtroppo forse però, il tutto viene trattato con un po’ troppa leggerezza, senza lasciare un segno indelebile, ma più un tocco fugace, che vuole offrire un ottimo colpo d’occhio, ma che diventa alla fine leggermente etereo e sfumato. La parte però più interessante e forse quella che cattura maggiormente gli animi è certamente ciò che fa da sfondo a questo piccolo platform. Unravel infatti è ricco di panorami colmi di ricordi, emozioni e sensazioni di una famiglia, tutto studiato e osservato dal punto di vista di un piccolo batuffolino di lana.
Il titolo è un racconto, in cui sono i dettagli a fare la differenza. Il team ha lavorato su ogni piccola considerazione, dalla scelta dei materiali, all’attenzione con cui si è deciso di ricreare quegli scenari. Unravel è un come un vecchio album di fotografie, un insieme di immagini, di luoghi in qualche modo speciali, ambienti che sono stati un tempo sede di affetti, felicità, solitudine. Senza parole, il titolo vuole sussurrare un passato che è stato vissuto ma che non sarà o vorrà essere dimenticato. È un viaggio fra i paesaggi più significativi e l’attenzione per la natura e i dettagli lo rendono perfetto sotto questo punto di vista.
Pro
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Contro
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Unravel (PC) su Origin: LINK